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Risk Management e medie imprese: tra il dire e il fare

Nel corso del Convegno di presentazione dell’”Osservatorio sulla diffusione del risk management nelle medie imprese italiane” di Cineas dello scorso 13 aprile, è stata mostrata l’indagine annuale organizzata con l’obiettivo di comprendere quali siano i rischi maggiormente percepiti dalle aziende e come vengono affrontati.

L’edizione 2022, realizzata in collaborazione con IPSOS, ha analizzato le risposte di 350 aziende manifatturiere attive nei settori: alimentare, beni per la persona e la casa, chimico farmaceutico, meccanico e metallurgico. Il fatturato delle aziende del campione d’indagine è compreso tra 20 milioni di euro e i 355 milioni di euro.

L’indagine, presentata dal Professor Enzo Risso, Direttore scientifico di IPSOS, ha messo in evidenza lo scenario socioeconomico post-pandemico; la governance del rischio all’interno delle imprese; la relazione tra gestione del rischio e gli obiettivi di sviluppo sostenibile e la percezione del rischio cyber in relazione alle azioni intraprese dalle aziende per gestirlo.

Ecco i risultati principali: 

  • Le medie aziende italiane sono preoccupate soprattutto da crisi climatica e aumento dei fenomeni naturali estremi (74,4%), rallentamento del mercato globale (68,4%) e locale (64,8%). Ritengono al contrario scarsamente probabile la diffusione di una nuova crisi pandemica (46,2%), una guerra cyber a livello globale (45,2%) e lo scoppio di altre guerre in conseguenza all’instabilità politica globale (44,6%). 

 

  • I risvolti positivi dell’emergenza pandemica sulle imprese si registrano soprattutto in termini di accelerazione della trasformazione digitale (60,1%), seguita da una maggiore consapevolezza del ruolo sociale dell’impresa (30,6%) e una riduzione dei costi operativi a favore di una maggiore efficienza (24,5%). 

 

  • La pandemia ha accentuato l’interesse verso la gestione dei rischi soprattutto nelle aziende che erano già prima sensibili al tema. Nelle realtà in cui esiste un modello di mappatura dei rischi a livello di CdA il 54,2% del campione ha cambiato le priorità assegnate alla funzione di Risk Management (vs 36% nelle aziende in cui non esiste un modello di mappatura dei rischi). 

 

  • Nelle medie imprese italiane prevale una visione olistica e funzionale della gestione del rischio, più limitata è invece la visione più puramente regolamentare. I primi due aspetti a cui viene associata la locuzione Risk Management è infatti l’opportunità di creare un sistema di previsione che permetta di anticipare i rischi futuri (66,8%) e la necessità di adottare soluzioni tecniche e organizzative che consentano di minimizzare frequenza e gravità dei danni (62,9%). Decisamente minoritari come aspetti correlati sono la necessità di una copertura assicurativa che consenta il rimborso in caso di sinistro (23,2%) e la necessità di assolvere esclusivamente gli obblighi legali (18,5%). 

 

  • Le aziende in cui non esiste un modello di mappatura dei rischi (che sono il 56% del totale) sono più concentrate sulla gestione dei survivorship (rischi esistenziali): i motivi per cui hanno introdotto un metodo di gestione dei rischi sono primariamente la salvaguardia dei mezzi di produzione e della continuità del business e l’ottemperanza a specifiche normative (entrambe 53,1%). Diverso il driver per le imprese che hanno un modello di mappatura dei rischi a livello di CdA (il 44% del totale): la razionalizzazione delle decisioni e la strutturazione della governance dell’azienda (58,4%). Conseguentemente, se per le prime l’investimento in Risk Management è visto come investimento subordinato (61,9%) e parzialmente come costo non essenziale (13,1%), per questa seconda tipologia di impresa è in primis un investimento strategico (55%). 

 

  • L’indagine rileva importanti gap tra rilevanza attribuita al rischio e assicurazione dello stesso negli ambiti Cyber Risk, rischi regolamentari, professional skills e rischi finanziari. In particolare, solo il 19% delle aziende intervistate dichiara di avere una polizza cyber, e di queste nel 68% dei casi si tratta di una copertura stand alone. Se quasi un terzo del campione (32,8%) sostiene che le polizze disponibili sul mercato siano adeguate alle proprie esigenze, quasi un quarto (23,1%) le ritiene troppo care e un 13,6% ritiene che non offrano coperture sufficienti. 

 

  • In tema di sostenibilità, nonostante una diffusa dichiarazione d’impegno (il 76,9% delle imprese intervistate riporta che si sta impegnando per il raggiungimento degli obiettivi di sviluppo sostenibile), al momento il budget di spesa allocato risulta limitato (solo il 36,3% ha un budget dedicato), solo il 19,7% delle aziende ha una figura professionale dedicata e in oltre un terzo dei casi (35,6%) non esiste alcun sistema di monitoraggio dei risultati.