PMI e transizione energetica: prima si investe, meglio è

Dopo le perdite provocate dalla pandemia, il 2021 è stato un anno di ripresa per le piccole e medie aziende italiane, con una crescita superiore alle aspettative. Come riporta l’ultimo Rapporto PMI di Cerved, i bilanci mostrano ratio economico finanziari in netto recupero con importanti miglioramenti anche su tempi e regolarità dei pagamenti, nonché sui saldi demografici e sul fronte del rischio di credito. 

Il conflitto russo-ucraino, la crisi energetica e l’inflazione, hanno invertito tuttavia lo scenario congiunturale e aumentato il livello complessivo di incertezza. Le stime di Cerved, infatti, prevedono per il 2023 una flessione dei ricavi e dei margini lordi, in particolare nei settori esposti ai rincari energetici che non riescono a scaricare a valle i maggiori costi di produzione. 

A complicare lo scenario generale si assiste poi all’emergere di rischi connessi agli effetti del cambiamento climatico e ai costi di transizione verso modelli economici più sostenibili – come richiesto dall’agenda per la neutralità climatica UE. Non intervenire per ridurre le emissioni potrebbe portare ad un’intensificazione degli eventi climatici estremi e quindi ad impatti ancora maggiori a livello sociale, economico e finanziario. 

Nel 2022, la BCE ha definito i criteri per condurre il primo esercizio di Climate Stress Test, per valutare la resilienza delle aziende e delle banche stesse ai rischi climatici. L’analisi è stata condotta mettendo a confronto tre scenari di politiche ambientali.

Nello scenario “Orderly” la transizione procede in modo graduale e regolare e il raggiungimento degli obiettivi sulle emissioni e sul riscaldamento del pianeta consente di stabilizzare frequenza e severità degli eventi fisici. Nello scenario “Disorderly” le politiche di transizione verrebbero attuate in ritardo, con costi più elevati nel medio termine. Nello scenario “Hot House” vengono attuate politiche ambientali insufficienti con conseguente aumento della frequenza e della severità degli eventi fisici. Cerved ha utilizzato modelli di simulazione per stimare l’evoluzione dei rischi legati al cambiamento climatico in funzione dei costi e degli investimenti necessari per la transizione negli scenari BCE, proiettando i bilanci delle PMI al 2050. 

I risultati dell’esercizio indicano che il processo di transizione richiede investimenti significativi, ma che le PMI, con il supporto adeguato del sistema bancario, sono ampiamente in grado di sostenerli. In base alle stime elaborate, l’investimento complessivo da parte delle Pmi per finanziare da subito il processo di transizione sarebbe pari a 135 miliardi di euro entro il 2030, cifra che equivale al 47% del totale delle immobilizzazioni materiali del 2020 e al 12,8% dell’attivo. In pratica, le Pmi si troverebbero a indebitarsi per altri 81 miliardi rispetto all’attuale quota in condizioni di sicurezza: secondo Andrea Mignanelli, amministratore delegato di Cerved, “oltre la metà degli investimenti necessari potrebbe essere finanziata con un aumento dell’indebitamento senza un impatto significativo sulla solidità finanziaria: una sfida che le imprese, con il supporto intelligente del sistema bancario, sono ampiamente in grado di affrontare”.

Il sistema delle PMI italiane sembra quindi in grado di sostenere il processo di trasformazione verso un’economia a zero emissioni nette. L’indicazione che emerge dai dati della simulazione è che un approccio “ordinato” alla transizione - nonostante i maggiori investimenti nel breve termine - rappresenta la scelta più sostenibile considerando gli andamenti economici e le prospettive di rischio.