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Imprese europee: come affrontare la tendenza isolazionista della Cina

Il trend crescente dell’economia cinese sembra destinato a durare nei prossimi anni, e le prospettive per le società europee operanti nel paese sono complessivamente positive. Tuttavia si colgono preoccupanti segnali di una tendenza della Cina sempre più mirata all’autonomia e all’isolazionismo, come si può desumere dal 14° Piano Quinquennale recentemente emanato, e questa situazione genera alcune incognite sulla direzione di crescita futura del Paese. E’ in sintesi quanto rileva un’analisi della Fondazione Italia Cina – di cui Strategica Group è membro – nel Position Paper che annualmente fotografa le prospettive dei rapporti tra i due paesi. 

L'attuale livello del PIL pro capite della Cina è paragonabile a quello delle economie di Giappone, Corea e Taiwan 40 anni dopo aver avviato i rispettivi programmi di riforme volte all’apertura del mercato. Tuttavia, i dati mostrano che negli ultimi cinque anni la crescita della Cina ha già subito un lieve rallentamento, che potrebbe continuare nel caso in cui Pechino confermasse la propria tendenza involutiva. Il 14° Piano Quinquennale, ponendosi l’obiettivo di ridurre la dipendenza del paese dal resto del mondo, potrebbe portare a una serie di conseguenze controproducenti. Una minore diversificazione delle catene di approvvigionamento e una riduzione della rete internazionale, ad esempio, richiederà un flusso costante di sussidi interni. La conseguente diminuzione della concorrenza potrebbe andare a discapito dell’ambizione della Cina di diventare un leader globale nei settori ad alta tecnologia e compromettere il raggiungimento degli obiettivi di sostenibilità (carbon neutrality entro il 2060), determinando al contempo un mercato complessivamente meno dinamico e innovativo. 

D’altra parte, la ricerca dell’autosufficienza sembrerebbe per la Cina un rischio calcolato, sulla base della convinzione che entro il prossimo decennio questa scelta potrebbe consentirle di raggiungere con successo un livello più elevato di innovazione e di capacità produttiva che le consentiranno di competere con più forza nell’economia globale. Proprio la forte crescita sperimentata negli ultimi anni, superiore alla maggior parte del mondo, sembra aver dato al paese la certezza di poterci riuscire. Tuttavia, la European Union Chamber of Commerce in China (European Chamber) mette in guarda sui possibili impatti negativi sul lungo termine di questa scelta, che includono: 

  • Una diminuzione degli investimenti diretti esteri (FDI) poiché le società internazionali saranno costrette ad abbandonare il mercato cinese o comunque disincentivate  
  • Un rallentamento della capacità di innovare, derivante dal progressivo decremento della disponibilità di talenti internazionali provenienti da altri paesi 
  • Un aumento delle sfide per le aziende cinesi che vorranno espandersi a livello globale, dal momento che le banche europee che forniscono i servizi transfrontalieri a queste imprese e le supportano nel percorso di espansione incontreranno maggiori vincoli operativi  
  • Una poco efficace allocazione delle risorse, poiché – con l’obiettivo dell’autosufficienza - il sostegno statale verrà destinato allo sviluppo di aziende nazionali che propongono servizi o prodotti già disponibili globalmente 
  • Minore accesso alle tecnologie chiave di cui la Cina necessita per crescere, dal momento che gli altri paesi – in risposta al venir meno della reciprocità degli scambi - porranno più controlli e limitazioni sulle esportazioni
  • La diminuzione della volontà collaborativa e dell’apertura da parte delle istituzioni internazionali, il che porterà a un deterioramento delle relazioni commerciali e politiche con gli altri paesi 

La ricerca dell'autosufficienza in realtà si pone in antitesi rispetto allo spirito di riforma e di apertura che la Cina ha inaugurato nel 1978, e la European Chamber stima che questa inversione di tendenza potrebbe impattare negativamente sul PIL pro capite del paese portandolo nell’arco di tre decenni a un abbassamento del 65% rispetto a quanto avrebbe raggiunto proseguendo sulla linea iniziale.   

La Fondazione Italia Cina propone alcune raccomandazioni rivolte a paesi e istituzioni europee, nell’ottica di affrontare efficacemente i prossimi sviluppi dei trend orientali. 

  1. Migliorare il coordinamento generale tra gli Stati membri e le istituzioni europee coinvolte al fine di promuovere un approccio coordinato nei confronti della Cina 
  2. Rafforzare la capacità competitiva dei player europei, dando impulso allo sviluppo di imprese tramite politiche che promuovano la concorrenza di mercato e l’innovazione nelle industrie strategiche   
  3. Continuare a sviluppare e promuovere politiche di correttezza e trasparenza che proteggano gli stakeholder europei da pratiche sleali e garantiscano parità di condizioni all’interno del mercato unico 
  4. Continuare a cooperare con la Cina nelle aree di reciproco interesse, come la lotta al cambiamento climatico e la decarbonizzazione, la definizione di standard internazionali, la riforma della WTO, la lotta al Covid-19
  5. Sviluppare e implementare una strategia di connettività globale basata su criteri concreti e trasparenti e progetti sostenibili, e che crei sinergie con iniziative simili intraprese da altre organizzazioni