La Fondazione Italia Cina ha pubblicato un rapporto sulle prospettive del commercio tra i due Paesi, presentando contestualmente i risultati della seconda edizione del sondaggio “Quale Cina per le imprese italiane?” condotto su 180 aziende italiane che operano nel paese asiatico.
Il rapporto nasce dalla necessità di inquadrare i principali sviluppi a livello politico ed economico sui quali si modellerà la Repubblica Popolare Cinese nei prossimi anni e, di conseguenza, le misure che i partner commerciali della Cina – in primis l’Italia – dovranno implementare per trarre il massimo profitto da un mercato in costante sviluppo e mutamento. Attraverso politiche specifiche – tra cui il XIV Piano quinquennale (2021-2025) e la formulazione della Dual Circulation Strategy – il Governo cinese ha avviato un profondo processo di ristrutturazione economica, ponendo al centro la spinta sui consumi interni (che si stima nel 2040 peseranno per il 44% dei consumi globali), l’incremento della qualità, l'innovazione e una sempre più profonda digitalizzazione di tutti gli aspetti della società, a discapito del ruolo centrale ricoperto dall’export e dagli ingenti investimenti pubblici a debito.
In particolare, i consumi interni della Cina si stanno focalizzando sui settori dell’industria intelligente, dei beni di consumo, dei prodotti alimentari e agricoli, di quello medicale e dell’automotive e dei servizi, creando una naturale associazione con i settori chiave dell’export italiano.
L’indagine “Quale Cina per le imprese italiane?” ha coinvolto 180 aziende (70,7% PMI e 29,3% grandi imprese), di cui il 17% con un fatturato oltre i 200 milioni di euro, essenzialmente attive nel settore dei macchinari, della meccanica, ma anche nel settore del F&B e del chimico-farmaceutico. Quasi l’80% del campione vede la Cina sempre più come mercato di sbocco, nonché competitor in termini di innovazione e qualità dei prodotti. Il sondaggio evidenzia poi come il Paese venga percepito sempre più come tassello essenziale nelle strategie delle aziende sia rispetto al passato sia al futuro, una percezione dovuta anche alla conferma nell’84% dei casi di aver avuto un’esperienza positiva in relazione alle proprie attività in Cina. Positivo si conferma anche l’impatto di alcune iniziative volute dal Governo cinese, tra cui la Belt and Road Initiative (BRI), valutata positivamente nel 44% dei casi, con un 53% di aziende interessate ad essere coinvolte. Anche la CIIE si rivela essere un’iniziativa sempre più apprezzata, con oltre il 60% del campione che considera l’evento come un punto chiave per la promozione delle relazioni commerciali tra i due Paesi, con un 43% di aziende interessate a prendervi parte in futuro.
Il documento riporta una serie di raccomandazioni per le imprese e le istituzioni italiane operanti in o con la Cina:
1. Investire maggiormente nel digitale
I dati del 2021 indicano che il campione di aziende ha abbracciato sempre più velocemente il mondo dell’e-commerce. Tuttavia, il 51% dei rispondenti non utilizza canali digitali per vendere i propri prodotti, rischiando dunque di non riuscire a raggiungere uno spettro più ampio di clienti e di non sfruttare le potenzialità del mercato cinese, sempre più digitalizzato. Le aziende italiane, quindi, devono essere consapevoli che d’ora in poi il digitale sarà il perno di qualunque strategia per il mercato cinese.
2. Diversificare la propria strategia di impresa includendo anche le città secondarie
Secondo una recente ricerca del McKinsey Global Institute, nel prossimo decennio la Cina offrirà una crescita dei consumi di 5.000 miliardi di dollari. La Cina rappresenta dunque una delle maggiori opportunità di sviluppo, poiché i consumi nelle città di seconda, terza e quarta fascia continuano a crescere, trainati in buona parte dalla costante migrazione rurale verso le città di fascia inferiore e dalla migrazione di ritorno dalle città costiere di prima fascia. Una strategia di investimento in Cina non può prescindere dalla presenza nelle città di fascia inferiore. Infatti, se nelle città di prima e seconda fascia la spesa per i beni di largo consumo è diminuita rispettivamente dell'1,5% e dell’1,1%, al contrario si è registrata un’importante crescita nelle città minori, in particolare in quelle di quinta fascia, grazie anche ai risparmi dovuti ad una mobilità ridotta o nulla durante le fasi più acute della pandemia.
3. Allineare i propri prodotti con le nuove richieste dei consumatori cinesi
A seguito della pandemia da Covid-19, i consumatori cinesi sono diventati molto più propensi a premiare le aziende in grado di produrre un impatto sociale positivo. Le aziende dovranno dunque sviluppare strategie commerciali incentrate anche sui criteri ESG prima di addentrarsi nel mercato cinese, così da attirare i consumatori cinesi grazie ad un messaggio aziendale più in linea con le nuove attese.
4. Focus su informazione e formazione
Le aziende dovranno includere nelle proprie strategie di ingresso in Cina una serie di servizi, volti alla formazione e informazione del proprio personale in tutte le fasi della propria presenza in Cina, onde evitare di incorrere in eventuali errori di valutazione e analisi del contesto socioeconomico in cui si opera che - è importante sottolinearlo - è in costante mutamento. Di conseguenza, i soggetti erogatori devono registrare la richiesta da parte delle aziende di ricevere supporto nella gestione delle relazioni con la Cina, offrendo servizi di consulenza in grado di dotare le aziende di tutti gli strumenti in ambito legale, finanziario e di formazione interculturale necessari per insediarsi stabilmente in Cina.
5. Collaborazioni strategiche con partner cinesi
Come nel 2020, di fronte alla scelta di investire nel mercato cinese, il campione intervistato predilige la collaborazione con imprese locali, seguita dalla possibilità di cooperare con altre imprese nazionali già presenti in Cina. L’ingresso con altri partner può facilitare l’attività delle imprese, permettendo di instaurare migliori relazioni con i consumatori e di sfruttare canali commerciali già esistenti.
6. Favorire modelli e strategie a livello di sistema
Tra le misure preferibili per adattarsi alla crescita qualitativa dell’economia cinese e della sua produzione ritroviamo la richiesta verso le istituzioni italiane ed europee di investire maggiormente in innovazione e nelle attività di ricerca e sviluppo. Le aziende italiane – consapevoli della profonda rivoluzione in corso da un punto di vista tecnologico, innovativo e qualitativo dei prodotti e servizi cinesi – necessitano di maggior sostegno da parte del Sistema italiano ed europeo che, in base anche a quanto rilevato dal sondaggio, dovrebbe assumere un atteggiamento strategico maggiormente autonomo e focalizzato sulle necessità dell’UE. Così facendo potrebbero essere pianificati più efficaci modelli competitivi e di relazioni bilaterali di medio-lungo termine.