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E' possibile gestire il rischio siccità?

Il fenomeno della siccità e i suoi effetti che dall'agricoltura si propagano all'intera società sono ormai un problema conclamato. Non può però questa essere una giustificazione per rinunciare totalmente ad una gestione di questo rischio, che sembrerebbe possibile - secondo uno studio diretto dalla Fondazione CMCC – Centro Euro-Mediterraneo sui Cambiamenti Climatici e pubblicato su "Scientific Reports". Anche all’interno di questo fenomeno esistono infatti delle variabili, che a parità di condizioni di durata possono dare effetti differenti a seconda del tipo di pianta o del periodo dell’anno.
Poter avere queste informazioni è utile per sviluppare tecniche di gestione dell’agricoltura che considerino nella programmazione la possibilità dell’evento siccitoso e operino in una logica di mitigazione dei possibili danni.

La siccità ha infatti una struttura complessa, determinata dalla combinazione di diverse sue proprietà, ed è correlata fortemente agli impatti negativi sulle rese agricole, su scala globale, ma con impatti differenti.
I ricercatori hanno analizzato l’intensità e la frequenza delle anomalie climatiche e delle rese agricole per il periodo 1981-2016, considerando diverse scale temporali, per esempio condizioni di siccità che si verificano con diverse durate o in momenti diversi nel corso dell’intera stagione di coltivazione, e attraverso l’uso di due indicatori standardizzati che hanno permesso di confrontare fra loro colture, Paesi e anni.

Prodotti come mais, riso, soia e grano rappresentano una quota importante della produzione agricola mondiale e sono fondamentali per le politiche alimentari globali, ma sono massicciamente utilizzate anche nella produzione di mangimi per gli animali d’allevamento e come fonti di energia da biomassa per la produzione di biocarburanti (biodiesel: mais, riso, grano; bioetanolo: soia).

Mentre esistono molte evidenze sugli effetti della variabilità climatica sulla produzione di queste colture, finora le diverse proprietà in grado di caratterizzare un fenomeno complesso come quello della siccità - durata, frequenza, intensità (magnitudo) e distribuzione nel tempo – sono state prese in considerazione quasi sempre separatamente, spesso per un periodo limitato lungo la stagione di coltivazione, o per aree geografiche specifiche e circoscritte.
Lo studio realizzato dalla Fondazione CMCC fornisce una valutazione più completa su come la siccità, a causa della sua struttura complessa, sia correlata in maniera robusta ma diversificata agli impatti negativi sulle rese agricole su scala globale.

Spiega in una nota Monia Santini, Direttrice della Divisione scientifica IAFES – Impacts on Agriculture, Forests and Ecosystem Services: “Siamo andati a vedere con dei test statistici se si potevano identificare delle corrispondenze ricorrenti tra episodi di siccità e perdite di resa. Per prima cosa abbiamo condotto un’analisi basata sulla classificazione di anomalie - sia positive che negative rispetto alla media di lungo periodo - nella resa e nella disponibilità di acqua nel suolo in seguito al regime pluviometrico. Nella seconda parte dello studio siamo quindi andati a vedere se c’erano delle relazioni tra i gradi di siccità e di perdita di resa (da moderato, a elevato, fino a estremo)”.

I risultati dello studio mostrano, ad esempio, che il grano (sia invernale che primaverile), la soia e la stagione principale di coltivazione del mais rivelano una più alta suscettibilità delle rese per condizioni di siccità più articolate di quelle precedentemente valutate in letteratura. La seconda stagione del mais e il riso presentano risultati più incerti. Nel caso del riso, come anche altri lavori scientifici confermano, la variabile chiave sembra essere rappresentata dalla temperatura: le precipitazioni hanno un peso minore per una coltura fortemente irrigata come il riso, il cui soddisfacimento della richiesta idrica non dipende pertanto direttamente dalla pioggia, ma soprattutto dall’irrigazione e quindi dalla disponibilità di risorsa dai corpi idrici.

Nel complesso, Europa meridionale e orientale, Americhe e Africa sub-Sahariana presentano una suscettibilità elevata per più colture, con Europa orientale, Medio Oriente e Asia Centrale che si rivelano regioni critiche per le colture risultate più vulnerabili, in particolare per il grano. Infine, i risultati mettono in evidenza come ci sia elevata significatività che le perdite di resa per grano e soia peggiorino quando si passa da siccità moderate a estreme, relazione non sempre scontata e quantificata.

Uno degli obiettivi dello studio è stato di dimostrare che altre analisi simili svolte sul recente passato potrebbero essere cruciali per fare valutazioni sul futuro, sulla base delle variazioni attese per i quattro attributi della siccità, anticipando e prevenendo i maggiori impatti dei cambiamenti climatici.
Nel complesso” conclude Santini “la nostra analisi generale potrebbe fornire informazioni cruciali sugli impatti della siccità sulla produzione agricola mondiale per alcune colture chiave, alla base di sicurezza alimentare ed energetica. Il riconoscimento del carattere complesso della siccità associato alle perdite di rese agricole, potrebbe favorire lo sviluppo di sistemi di allerta precoce e di supporto alle decisioni più completi, sulla base di previsioni climatiche di breve termine, e di proiezioni climatiche di lungo termine, per esempio per identificare la probabilità di rese più basse sulla base dei futuri andamenti della siccità in tutti i suoi aspetti. L’approccio utilizzato in questo studio può inoltre contribuire a supportare lo sviluppo dell’agricoltura e le sue relative tecniche di gestione, nel contesto di politiche di mitigazione e adattamento ai cambiamenti climatici, come variazioni dei calendari di coltivazione, o attuazioni di altre misure come la migrazione delle colture, l’impiego di nuove varietà, l’utilizzo ulteriore di sistemi d’irrigazione”.